Cultura leggera, Feuilleton

Con le tartarughe si fanno i pettini -6 di Clementina Coppini

Non ero partito da solo. Con me c’era Francesco, l’amico dei vent’anni. Furono mesi spensierati. Essere senza pensieri: era la prima volta che mi sentivo così. Giravamo, ci fermavamo, facevamo qualche lavoretto e ripartivamo. Mi innamorai un paio di volte senza conseguenze e con l’arrivo dell’inverno tornammo a casa. Mio padre non c’era. Si era trovato una donna tre giorni dopo il funerale di mia madre o forse ce l’aveva già prima. Una creatura volgare. Forse è per questo che non la picchiava. Al posto suo trovai un biglietto. Molto meglio un sottile foglio che un uomo ingombrante e manesco. Magari se ne fosse andato prima con la sua vacca. Magari.
Superai le selezioni per un corso universitario destinato a pochi eletti, anche se non mi consideravo un eletto e infatti non lo ero. Iniziai senza profitto i miei studi di economia e Francesco non lo vidi più tanto spesso, anche se lui rimaneva il mio unico vero amico insieme a Giuseppe.
Un pomeriggio, mentre studiavo economia (ho provato fin da subito avversione per quella materia) in biblioteca, avvinto dalla noia ebbi l’impulso irrefrenabile che avrebbe cambiato le cose.
Seduta due tavoli davanti al mio c’era una ragazza che mi piaceva da un po’. Si chiamava Diana, come la dea della caccia, ma non era una cacciatrice. Una preda, piuttosto. Stava lì senza distinguersi in modo particolare, ma era molto carina. Anch’io allora stavo in quel limbo in cui si è tutto e niente, in cui si desidera il dono dell’originalità dentro l’abbraccio della normalità, il che, salvo casi eccezionali (ma io non rientravo in tale eccezione), è impossibile. Allora non avevo ancora compreso tutti questi bei concetti. Sapevo che Diana mi piaceva perché aveva un bel viso e piacevoli forme. Mi piacevano le sue braccia lunghe e bianche, che si innestavano con grazia nella clavicola, creando un’onda che si infrangeva sul seno. Avevo su di lei le mie fantasie.
A quel tempo cazzeggiavo e per quanto ora possa tentare di arrancare giustificazioni filosofiche al mio cazzeggiare la verità è che cazzeggiavo. Stavo lì e intanto che mi guardavo intorno guardavo lei.

 

 

Segue…

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1 Comment

  1. Questa storia mi ha in pugno, dopo ogni “puntata” l’ astinenza cresce, la notte in sogno mi arrampico su quel muro per incontrare l’ uomo che si sta raccontando.
    Non so perché sia in quella cella, ma L’ unico mio desiderio è di salvarlo .

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