Cultura leggera, Feuilleton

Con le tartarughe si fanno i pettini -13 di Clementina Coppini

Cercai il medico sgarbato, che nel frattempo aveva finito il turno. Al suo posto c’era una dottoressa educata, la quale mi disse che lo avrebbero dimesso in pochi giorni, ma che sarebbe stata dura assisterlo a casa. Non m’importava, ormai avevo deciso. Non avrei permesso a quel pover’uomo di attraversare l’estrema soglia in un luogo diverso da casa mia e senza di me. Volevo essere presente, non sapevo se per aiutare lui o me stesso.

Pensai alla mia poesia, mia si fa per dire. Magari fosse stata mia. Dare un senso alla vita può condurre a follia. Non mi sarei accontentato di un sette all’otto, stavolta avrei preso almeno otto e mezzo. Non credo che la follia sia contagiosa, ma l’instabilità a essa correlata contamina ciò con cui viene a contatto. Lo sapevo bene perché ero figlio di un pazzo.

Così bello tranquillo mi preparai a ospitare l’arrivo della morte. Forse nello svolgersi di quel passaggio potevo diventare davvero ciò che prefigurava il mio nome: potevo essere un dono di Dio per il mio scellerato genitore. Potevo?

Andai a casa e iniziai i preparativi. Aveva piovuto tutto il giorno ma con il crepuscolo si alzò un vento eccessivo per le consuetudini meteorologiche della mia città, ma tiepido della primavera appena arrivata. Decisi di uscire a prendere aria e chiamai Diana, che mi rispose con tono risentito e poi, sapute le novità, prima afflitto e poi consolatorio. Voleva correre da me, ma non c’era fretta. Molti spifferi gelidi mi avevano attraversato quel giorno, ma non avevo voglia di scaldarmi. La invitai a casa mia per il giorno dopo perché decisi che la volevo. La volevo perché ero depresso e non avevo voglia di pensare a quello che mi aspettava nelle settimane successive. Era un valido motivo, che contavo l’avrebbe convinta. La mia bella cacciatrice accettò, attratta in apparenza dalla disgrazia e dall’infelicità, che sono un buon pretesto per lasciarsi andare al desiderio.

Cominciai i grandi preparativi per la stanza che avrebbe ospitato il mio vecchio. Feci la lista delle cose che dovevo procurarmi. Quella sera uscii a mangiare una pizza da solo. La pizza è sempre stata una delle mie maggiori consolazioni, ne ho sempre mangiata in quantità industriale. Feci un giro approfittando della presenza del vento, affinché in qualche modo soffiasse via l’incombere pesante di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.

Segue…

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