Si è radicato in me il pensiero che non c’è ragione che possa spingermi in diversa direzione rispetto a quella intrapresa, a meno che non lo decida io. Lo avessi mai saputo, dove andavo, quando ci andavo con la mia tranquillità da ansioso. Ma quale tranquillità, per la miseria? Sono vissuto in costante erosione. È su di essa che mi sono costruito. Costruito si fa per dire. A un certo punto, verso i diciotto anni, all’improvviso diventai bello. Un dono che mi è servito a poco, peraltro.
Dicevano che non avevo ambizioni. Ma vivere come sono vissuto non è già una grossa ambizione?
Dicevano che ero troppo pacato, che non mi preoccupavo abbastanza. Tutta una finta, ho passato decenni della mia vita in preda al terrore e anche adesso la paura è con me, anche se ho imparato non a conviverci, bensì a dissimularla. Non sono mai stato sereno. Non sono stato avido di salire né calmo e in più non ho mai capito cosa significasse questo modo di muoversi. Mi sono corroso, ma ho pensato. C’è stata la corrosione ma anche il pensiero. Un buono scambio, pensiero in cambio di corrosione. Ne vale la pena.
Eccomi in questo romitorio. Perché sono qui? Credevo di essere venuto per un motivo preciso, ma più passano i giorni più la convinzione cala. Come devo interpretare ciò? Come un segno buono o cattivo? O piuttosto neutro? Meglio restare neutrali, non si sa mai. So di non essere venuto qui a morire. O forse no. Fanculo a me che sono stupidamente contorto.
Ho visto tanto male e ho cercato di tenermene distante, anche da quello che causavo io. So che è assurdo, ma è un modo per resistere, per farcela. Come fa uno ad appassionarsi a un dramma che si svolge? Per osmosi, per trasmissione o per immedesimazione? Non lo so. Non sono mai stato partecipe né appassionato. Distaccato non per scelta, ma per istinto di sopravvivenza. Eppure passioni che mi hanno trapassato come frecce ne ho provate. D’altronde chi in tempi come questi non vive contraddicendosi?
Segue…