Pochi giorni fa ci siamo “armate” di una bottiglia di prosecco e siamo andate a trovare un’altra delle incredibili artiste che abbiamo la fortuna di conoscere: Enrica Passoni
Appena si aprono le porte dell’ascensore, sul pianerottolo di casa sua, si entra nel suo mondo. La sua casa è tutta da scoprire perché non solo è costellata di opere o di “esperimenti” ma essa stessa è un’opera e racconta la persona che la abita.
L’essenza di Enrica è talmente ricca da rappresentare una contraddizione: da una parte la suaosservazione dello scorrere del tempo, dell’indolente attesa del passare delle giornate scandito dalle consuetudini, come i barattoli di marmellata che si svuotano settimana dopo settimana; dall’altra la sua energia frizzante nell’affrontare un nuovo progetto fatto di prove, esperimenti, di lavoro febbrile fino al raggiungimento del risultato finale, quello che finalmente soddisfa l’idea che all’inizio era solo una sensazione.
Enrica la si riconosce in questo contrasto, lei non ama descriversi e parlare di sé, preferisce ascoltare, ma quello che fa parla per lei e la rappresenta totalmente.
Lei osserva le persone, non le interessa come appaiono da fuori, lei apre il proprio cuore e lo mette in sintonia con chi incontra. Ecco perché le persone nelle sue opere non hanno volto e, spesso, non se ne riconosce né il sesso né la razza. Non sono dati importanti, quel che conta è l’essenza di ognuno: “di qualunque cosa le nostre anime siano fatte, la mia e la tua sono fatte della stessa cosa.”
La sua scelta di prendere oggetti e materiali e di utilizzarli in modo diverso dall’ordinario le permette di dare nuova vita alle cose. Il suo non è un riciclo ma una vera e propria rinascita.
Le scatole ricorrono spesso nei lavori di Enrica, non perché lei cerchi in qualche modo di imprigionare la sua arte ma perché il fatto di con-tenere qualcosa significa prendersene cura. Questa attenzione, questa cura sono sempre rivolti all’altro.
“Noi ci muoviamo sugli specchi, prima di andare a coprire i bisogni dell’altro stiamo coprendo i nostri ma quando abbiamo davanti l’altro riceviamo in dono anche la ricchezza del suo mondo.”
I lavori più recenti riguardano l’usurpazione dell’altro, la negazione dell’individuo.I visi non sono più solo assenti ma vengono cancellati in una sorta di annullamento della persona. Ecco perché, in questo caso, ha scelto visi di donne, perché spesso siamo noi stesse ad annientarci, schiacciate dai nostri sensi di colpa o dal senso del dovere. In questa totale distruzione Enrica si prende cura delle sue donne senza volto: le abbraccia con cornici scelte per continuare a raccontare la storia di quel viso che non c’è, le sostiene con forti tavole di legno, le illumina con il colore.
Noi leggiamo in tutto questo lo stesso messaggio delle Signore in Circolo: per quanto la vita sia faticosa, per quanto si possano incontrare difficoltà e soffrire, ci sarà sempre un’amica a con-tenerci. E se con questa amica vorremo condividere quella bella bottiglia di prosecco…beh, allora dovremo comprarne un’altra perché la nostra l’abbiamo finita chiacchierando con Enrica.
le favolose Signore in Circolo da una cara amica, Enrica, tre meraviglie nella wundercammern anzi wunderhaus di Enrica!! <3
Interessanti i quadri le scatole l’installazione ma sopprattutto il messaggio che racchiude ogni opera . Complimenti
Grande articolo come sempre… super interessante…